Il diario dei ragazzi del Calamandrei


Accompagnati dalla prof.ssa Angela Frati, i nostri otto alunni, selezionati dopo un corso di formazione, hanno vissuto l'indimenticabile esperienza del Viaggio della Memoria 2019, promosso dalla Regione Toscana. Il loro diario, inviato alla testata online Piananotizie, che lo ha pubblicato giornalmente, viene qui interamente trascritto, come preziosa testimonianza della funzione culturale ma soprattutto di formazione umana e civile di questa iniziativa, che unisce giovani e adulti nella speranza che quanto accaduto non possa mai più ripetersi.

                                                           Viaggio della Memoria 2019

                                                   Il diario degli studenti del Calamandrei.

Quel treno per Auschwitz

 

Siamo partiti dalla nostra dimora con agitazione, ansia e con tanta voglia di scoprire. Siamo otto studenti dell’istituto Calamandrei di Sesto Fiorentino e oggi inizia il nostro viaggio verso la scoperta delle atrocità naziste.

Il ritrovo stamattina era alla stazione di Santa Maria Novella: dopo aver ricevuto una borsa di stoffa con vari gadget, abbiamo fatto un giro per poi aspettare l’orario stabilito per la partenza. In seguito siamo saliti sul treno.

Il treno è lunghissimo, noi siamo nell’ultima carrozza, dormiamo in sei in delle piccole cuccette, ma comunque sia siamo molto felici di fare questa esperienza.

Come prima impressione nel guardare questo lungo treno, sentiamo la vicinanza a coloro che hanno affrontato prima di noi questo viaggio, come le sorelle Bucci, che abbiamo incontrato qui sul treno, di cui avevamo già sentito parlare nel libro “Meglio non sapere”.

Intorno alle 15 ci siamo riuniti con un’altra cinquantina di studenti nel vagone ristorante adibito agli incontri. Qua, dopo aver letto insieme la poesia di Primo Levi “Shemà”, è avvenuto il colloquio con Tatiana, una delle due sorelle Bucci.

Lei ci ha parlato delle sua deportazione, avvenuta alla tenera età di sei anni insieme alla sorella Andra, che ne aveva solo quattro.

Con loro vi era anche il cugino Sergio, il quale peró non ha fatto ritorno dal lager, perchè alla fatidica domanda “Chi vuole venire dalla mamma?” rispose sì, cadendo nel trabocchetto del dottor Mengele. Sergio verrà così sottoposto ad esperimenti medici da parte dei tedeschi.

Tutte le volte che Tatiana torna a Birkenau sente un forte sconforto e sente il bisogno di entrare da sola, tanto è ancora viva in lei la traccia di questa esperienza.

L’arrivo è previsto per le 8 di domattina a Auschwitz-Birkenau. Lì scopriremo cosa ci aspetta”.

 

  Auschwitz-2-Birkenau: un’immensità che fa paura

 

Oggi, dopo l’arrivo a Oświęcim, ci siamo diretti verso il numero del nostro autobus e siamo poi arrivati a Auschwitz-2-Birkenau. Una volta entrati, ciò che ci ha più colpito è stata l’immensità del campo, un’immensità che fa paura. Nonostante fossimo ben coperti, il freddo era opprimente, difficile da sopportare: abbiamo riflettuto ancora di più sulle disumane condizione dei deportati. La nostra guida ci ha mostrato le varie baracche nelle quali si trovavano le latrine e le “dimore” femminili. Una delle numerose strutture destinate alle donne era il “blocco 25”, detto anche “blocco della morte”, in cui le donne ormai stremata attendevano il loro destino.

Dopo ci siamo posizionati nel punto preciso in cui venivano effettuate le selezioni, abbiamo percorso il sentiero della morte destinato a circa l’80% dei deportati di ciascun convoglio arrivato al campo: era il sentiero che portava alle camere a gas. Queste, dietro l’apparenza di normali docce, hanno portato allo sterminio di milioni di deportati. Successivamente abbiamo partecipato ad un corteo per ricordare tutti coloro che hanno sofferto le atrocità naziste in questo campo: ognuno di noi ragazzi recitava il nome di un deportato italiano e la sua età. Rilevante è stata la scoperta dei pochissimi sopravvissuti a tutto ciò. Le preghiere finali ci hanno coinvolto molto: dobbiamo soprattutto ricordare che “comprendere è impossibile, conoscere è necessario” perché “è avvenuto, quindi puó accadere di nuovo”, come ci insegna Primo Levi. Alle ore 16 finalmente una zuppa calda ci ha ristorato e siamo potuti arrivare in albergo. A domani!”.

 

 Auschwitz, Birkenau il cancello “Arbeit macht frei”

 

Cześć (ciao),

oggi sveglia presto, ci aspettava una visita ad Auschwitz 1.

Appena arrivati, dopo i vari controlli di sicurezza, siamo entrati nel campo e abbiamo attraversato lo storico cancello di cui tutti parlano con la scritta “Arbeit macht frei”.

Al primo impatto il campo di Birkenau, visitato ieri, ha scaturito in noi sensazioni molto più forti rispetto al campo di Auschwitz per via della sua vastità, per le baracche di legno e per la ferrovia che attraversava la porta del campo stesso; ma l’interno di Auschwitz è stato commovente e ricco di emozioni e di pensieri forti, abbiamo visto ben 2 tonnellate di capelli di donne e bambini tagliati, le scatole di Zyklon B (polvere che diventava gas letale a contatto con l’aria calda), scarpe, scarpe di bambini e qualche vestitino, pentole, protesi, occhiali, pettini e cera per le scarpe.

In questo campo abbiamo anche visto una villetta con giardino proprio accanto alle baracche dei deportati nella quale viveva il primo comandante del campo, Rudolf Höss, con la sua famiglia (da questa situazione è stato preso lo spunto per il film ‘Il bambino con il pigiama a righe’). Abbiamo poi scoperto che quest’uomo poco prima di essere impiccato per i suoi reati nel campo, ha scritto un testamento per il figlio maggiore dove ha anche dichiarato: “Il mio più grande rimpianto è stato aver ciecamente effettuato gli ordini che mi sono stati dati”.

Nella vicinanza della villetta era situata la camera a gas e accanto i forni crematori: la scena cruda di quei graffi sulla porta e sui muri ha creato in noi una forte angoscia che è restata con noi fino alla fine del giro ma che molto probabilmente resterà in noi per sempre.

Per concludere il giro del campo c’è stata un’ulteriore cerimonia dove è stata lasciata una ghirlanda al muro della morte e abbiamo fatto una camminata in onore di tutti i morti fino ai cancelli di entrata.

Nel padiglione ebraico abbiamo visto “il grande libro dei nomi”, un libro di tantissime pagine dove stanno scrivendo tutti i nomi degli ebrei morti nei campi di concentramento: nonostante ci siano più di 4 milioni di nomi, ancora la ricerca non è terminata.

Nel pomeriggio abbiamo assistito alla toccante testimonianza di più sopravvissuti, o di loro parenti. Questi testimoni erano ebrei di varie nazionalità, omosessuali, prigionieri politici, partigiani. I loro racconti ci hanno colpito molto, soprattutto conoscere la storia di bambini deportati in tenera età, come le sorelle Bucci, è stata una cosa davvero drammatica. Ciò che ci hanno insegnato queste testimonianze è che non dobbiamo mai smettere di perseguire un futuro migliore.

 

 Cracovia e il quartiere di Kazimierz

 

Anche oggi, come sempre, ci siamo svegliati molto presto e dopo una colazione abbondante ci siamo messi in viaggio con le nostre valigie per visitare il centro di Cracovia.

La guida, durante il percorso, ci ha raccontato la storia della città, dandoci informazioni soprattutto riguardo al ghetto e al quartiere ebraico.

Ci siamo fermati nella Piazza degli eroi del ghetto dove ci hanno sorpreso 70 sedie vuote: si tratta di un’opera di due artisti polacchi che si ispirarono a una fotografia d’epoca in cui una bambina sta trasportando una sedia (la sedia che utilizzava a scuola) durante lo spostamento di massa degli ebrei dal quartiere di Kazimierz al Ghetto.

Successivamente, abbiamo visitato la piazza centrale di Cracovia dove abbiamo potuto ammirare la Chiesa di Santa Maria e il suo particolare campanile. Nonostante sia stata una visita molto veloce, ci siamo veramente appassionati alla città e per questo presto ci torneremo per visitarla meglio. Siamo riusciti a comprare anche qualche souvenir, tra i quali anche dei simpatici draghetti, simbolo della città.

Successivamente siamo andati all’Universitá Jagellonica, dove studiarono Niccoló Copernico e Papa Giovanni Paolo II. Siamo entrati nell’auditorium Maximum dell’Università, dove abbiamo assistito ad un “dialogo con i cittadini sul futuro dell’Europa”. Gli interlocutori erano il vice presidente della commissione europea, Frans Timmermans, ed Enrico Rossi, presidente della regione Toscana, i quali hanno risposto alle nostre domande su temi vari come l’immigrazione e la Brexit.

Alla fine della conferenza ci siamo recati al ristorante per il pranzo e successivamente in fretta e furia ci siamo diretti alla piazza centrale di Cracovia dove abbiamo assistito ai saluti ufficiali. Alla stazione abbiamo salutato a malincuore la città. Ci siamo accorti che siamo pronti a tornare a casa dando la nostra testimonianza, riportando i nostri pensieri e le nostre emozioni, come persone nuove, totalmente diverse da quelle che sono partite perché vedere dal vivo tutto quanto è accaduto non è paragonabile a vedere un film o a leggere un libro. Se c’è una scoperta che portiamo a casa è proprio che non c’è cosa più importante della MEMORIA.

Siamo stati felici di aver rappresentato la nostra scuola per la regione Toscana, adesso siamo in viaggio e presto faremo ritorno a Firenze.

 

  Adesso è il momento delle domande

 In quest’ultimo giorno ci troviamo sullo stesso treno con cui siamo partiti, pronti per affrontare il lungo viaggio di ritorno. Alle 11 abbiamo deciso di ritrovarci insieme per dare un giudizio sull’esperienza vissuta in questi giorni.

Fortunatamente siamo stati molto bene tra di noi e abbiamo creato un gruppo affiatato anche con altri ragazzi del treno: questa sintonia di amicizia ci ha aiutato ad affrontare meglio i momenti di maggiore commozione.

Riflettendo su ciò che abbiamo vissuto, le cose che ci hanno particolarmente colpito sono stati i segni delle unghie sulle pareti della camera a gas di Auschwitz 1 perché ci hanno fatto immaginare la disperazione che i deportati dovevano avere in quel momento; sembrava quasi di sentire le loro urla. Sapere che il tutto veniva controllato da un ufficiale delle SS tramite uno spioncino sulla porta per ben venti minuti – il tempo necessario per uccidere tutti i deportati dentro la stanza – ci ha fatto nascere tante domande: come poteva rimanere lì a guardare? Cosa provava nel vedere così tanta sofferenza? Può essere una persona così disumana da rimanere indifferente e trattare le persone come oggetti?

Anche il momento in cui abbiamo visto le tonnellate di capelli tagliati ci ha toccato profondamente. La quantità ci ha fatto impressione anche perché sapevamo che era solo una piccola parte rispetto alla totalità e perché i capelli sono comunque parte del corpo umano, parte di te, più che dei semplici effetti personali.

Nonostante ciò abbiamo scoperto che ci sono stati anche alcuni atti di umanità all’interno del campo. Un esempio è Padre Kolbe, che nell’agosto del 1941 ha deciso di sacrificare la sua vita offrendosi al posto di un uomo che aveva moglie e figli da mantenere.

Grazie a lui quest’uomo è riuscito a sopravvivere e ad uscire dal campo.

Anche in mezzo al male, un granello di bene è possibile.

I ragazzi del Calamandrei

Chiara Bernardini, Giulia Bilotti, Marian Buga, Alice Ceragioli, Sara Colorito, Benedetta Curcio, Igor Lupi e Manuel Missere.